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Diari di Jane


1 marzo, torno dal Perù, dove ho trascorso 2 settimane di meravigliose vacanze. Il rientro era incerto, già si iniziavano ad annullare parecchi voli a causa di questo nemico invisibile, nominato Covid19. Torno a casa, e dopo poco c’è il degenero anche in Ticino. Tanti contagi, iniziano ad esserci i primi decessi, il 16 marzo l’annuncio del lockdown.

Ci dicono di restare tutti a casa, per salvaguardare noi stessi ed il prossimo. Restiamo a casa, un giorno, due giorni, 3 giorni, dopodiché inizia l’ansia, la preoccupazione. La mia Onlus sostiene parecchie realtà africane, abbiamo delle attività in questi Paesi e iniziano ad esserci i contagi anche lì, anche se in forma minore. Non posso viaggiare, non posso andare a trovare le mie donne, dobbiamo chiudere i centri di lavoro anche lì e garantire comunque uno stipendio altrimenti non potranno mangiare.

Devo fare qualcosa, devo aiutare qualcuno. Io sono sana, non ho paura del virus, posso uscire, posso rendere il mio servizio.

Contatto il Cantone per cercare di capire come posso rendermi utile con la mia Onlus, e scopro che ci sono parecchie famiglie in Ticino che già erano disagiate, ora ancora di più causa perdita di quei piccoli lavori che fanno stare in piedi tante economie, e sono molti di più di quanto ci possiamo immaginare, anche nel nostro piccolo Ticino.

Quindi decido di sostenere 7 famiglie sul territorio, facendo e donando loro la spesa.

Leggo, mi informo, cerco di capire cosa posso fare ancora, e incontro un post di Mirko mio caro amico del Mat, scuola dove i miei figli da anni seguono le lezioni di danza, musica, canto e tanto altro, e capisco che si sta creando una rete di volontari che si prestano per andare a fare la spesa per i più anziani, che per la loro sicurezza è meglio non escano di casa, e per chi invece ha altre patologie anche essendo più giovane.

E qui, ora più di un mese fa, inizia l’avventura del nostro gruppo di volontari.

Questo mese è stato molto interessante sotto il profilo umano, ho incontrato tante persone, e vissuto esperienze molto diverse tra di loro.

Interessante capire la natura delle persone dalla lista della spesa, cercare di analizzare il loro modo di vivere, i loro piaceri e i loro vizi.

La signora Francesca che richiede solo prodotti Bio, che te li elenca minuziosamente, che te li scrive in senso logico e riesci a seguire perfettamente un percorso già tracciato nel supermercato dove va abitualmente a fare la spesa. Se cambi supermercato, questo senso logico svanisce, e quindi capisci che Francesca è una persona molto attenta, curata, che nella vita non esce dagli schemi, che può permettersi dei prodotti naturali che hanno un prezzo più elevato. E allora immagini la sua vita, poi la incontri quando le consegni la spesa, e ti appare la persona come l’avevi immaginata, perfetta, curata, una bella donna, e ti parla delle sue abitudini, e tu non ti permetteresti di cambiare supermercato o di prenderle prodotti sostitutivi, perché sai che nel suo piccolo sarebbe destabilizzante, e non vuoi assumerti questa responsabilità.

Poi c’è Marco, un signore solo, vedovo, che già al telefono quando ti deve dettare la lista della spesa ti fa capire che ha bisogno di parlare, che ama ancora la moglie che lo ha lasciato troppo presto, che in ogni frase ti parla di lei e di quanto le manca. La sua lista della spesa è breve, ma ti chiama spesso, anche 3 volte alla settimana, perché non ha tanto bisogno di qualcuno che gli acquista i generi alimentari, ma lui ha bisogno di qualcuno con cui parlare, con cui sfogarsi. La vita

lo ha privato della persona amata, e ora lo ha anche privato di quella piccola libertà che gli permette di uscire ogni giorno e di scambiare due chiacchiere con la cassiera, con il farmacista, con il panettiere. Marco ai miei occhi ieri non esisteva, non sapevo chi fosse se lo avessi incontrato per strada. E oggi mi chiedo, quanti

Marco incontro ogni giorno che in silenzio soffrono e sono rimasti soli?

Soli come Paride, che manda una lista della spesa caotica, senza un senso logico, senza avere un supermercato di riferimento. Vado a fare una prima spesa, e vado a casa sua per la consegna. Suono, suono, ma non trovo nessuno. Lo chiamo, è fuori a fare una passeggiata, qualche minuto e torna. Lo aspetto, arriva. Un uomo sulla settantina, un po’ trasandato, anche lui ha bisogno di evadere, di restare fuori, di incontrare persone e di chiacchierare. Mi dice che non va nei supermercati solo perché c’è il divieto, non gli importa del virus, non lo spaventa, lui è sano, fuma e beve da una vita, non ha paura di morire a causa di questo virus. Ma lui ha gli amici in Italia, va sempre a fare la spesa in Italia e non può permettersi di fare la spesa nei supermercati di svizzeri, troppo cari. Vorrebbe mangiare la carne, a lui piace il manzo e l’agnello, non il pollo o il tacchino che costano meno. Allora mi dice di vedere sempre quando vado a fare la spesa per lui se la trovo in offerta, così la può mangiare, anche se la carne in offerta spesso non è di ottima qualità. Però mi chiede sempre di acquistare il tabacco, la birra ed il whiskey. Gli dico Paride ti fa male tutto questo alcool, non dovresti bere così tanto. Lui mi risponde che è solo, che non ha nessuno, che ora più che mai non vede nemmeno i pochi amici che gli sono rimasti, e quindi l’unica compagnia la trova nel fumo e nel “chicchettino” quotidiano. Cosa gli devo rispondere? Non ho armi contro questa solitudine, non posso nemmeno offrigli la mia compagnia perché non posso entrare in casa sua, dato che devo restare a distanza. Allora gli dico che ogni tanto mi può chiamare, quando si sente tanto solo, anche solo per un breve saluto. Poi ogni tanto mi strappa un sorriso, quando mi chiama e mi dice se me ne intendo di whiskey, perché quello che gli ho preso l’ultima volta non era di ottima qualità, e allora rido e mi tiene 20 minuti al telefono per spiegarmi le varie differenze di malto e di altre componenti. Anche questo è fare volontariato, ascoltare chi ne sa più di te senza cercare scuse.

Poi ti ritrovi un giorno alla Coop di Viganello, con tanto di mascherina e guanti che mi gira la testa ogni volta che esco per lo sforzo fisico di non potere respirare liberamente, io che soffro di claustrofobia, e incontri due simpatiche signore di età molto adulta.

Tranquillamente passeggiano vicine, ognuna con il proprio carrello, senza nessuna protezione, toccando e tastando per bene tutta la frutta e la verdura che possono. Questo accade quando ancora non vi era il divieto di uscire agli over 65.

Mi avvicino e cerco di parlare con loro, consegno un volantino dove è indicato il servizio di volontariato per la spesa o per fare altre commissioni che offriamo, e gli dico che forse è bene che per la loro tutela, dato che i contagi erano molto alti in quei giorni, stessero tranquille a casa per qualche settimana, per salvaguardare la loro salute.

Sorridendo, iniziano a dirmi che loro hanno fatto la guerra, che hanno passato epidemie peggiori e che sono io che mi devo salvaguardare, perché sono giovane e ho ancora la mia vita davanti, mentre la loro vita è quasi giunta al termine. Resto di stucco a questa risposta, non me l’aspettavo, e replico che dovrebbe essere un atto altruista il loro, perché se morissero precocemente arrecherebbe dispiacere ai loro figli o familiari. Non so quanto mi abbiano preso in considerazione, dato che mi hanno mandato un bacio volante e mi hanno calorosamente augurato una buona giornata.

Quante domande sono sorte in tutto questo periodo, quante volte mi sono chiesta quale fosse la cosa giusta, restare chiusi in casa oppure uscire e cercare di sopravvivere?

Difficile, nessuno saprà mai la risposta corretta a questi quesiti, perché di risposte giuste non ce ne sono, in questo caso esiste la risposta soggettiva, in base al credo e alle paure che ognuno di noi ha insite nella propria persona.

In ogni caso, questo gruppo di volontari ci ha unito molto, anche se ha distanza ci ha fatto sentire una grande famiglia, ci ha dato conforto quando alla fine della giornata eravamo un po’ provati moralmente dagli avvenimenti, e sono sicura che questo ricordo, positivo nel suo insieme, ce lo porteremo nel cuore per sempre, perché quando decidi di essere un volontario esiste prima il

prossimo, e dopo esisti tu. Essere a disposizione di chi è meno fortunato di te è una sensazione bellissima, ti appaga molto e ti permette di essere una persona migliore.

La distribuzione della ricchezza, che sia immateriale o materiale, farà diventare questo mondo un mondo migliore. Tutti dovrebbero capirlo, a prescindere

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